Trento 13/09/2010


D. Una domanda che può sembrare banale ma bisogna pur cominciare, avere un punto di partenza; perché il dedicarsi all’Arte?

R. Ho posto anch’io la stessa domanda all’Arte e continuo a porla; l’unica risposta che posso evincere da tanti segnali è che: accade.

 
D. Ma che cos’è l’Arte?

R. Ci sono molte risposte date a questa domanda in tutti i tempi e da molti artisti, quella a cui mi sento più vicino è il frutto di belle chiacchierate sul tema assieme all’amico Giorgio Fogazzi che recita così: “L’Arte è la cornice di tutte le cose dentro la quale l’artista fa ordine di se stesso”.
 

D. Nel tuo lavoro e nella tua produzione la tematica predominante è l’Identità. Questa ricerca quasi esasperata di questo concetto, da tempo personalizza le tue opere; due parole a proposito di ciò?

R. Non ritengo la questione identitaria un concetto, ma un obbiettivo, anzi lo scopo della vita, il forgiare quel segmento di eternità che ci rappresenta  e ci rappresenterà in futuro credo proprio sia il perché dell’esistenza stessa.


D. Parliamo dell’ego?

R.Qui non si tratta di ego anche se all’inizio del percorso l’ego è necessario come forza propulsiva che poi però bisogna sganciare altrimenti diventa un peso ed un limite. Se ci si accontenta dell’ego mettiamo un filtro attorno alla nostra anima (identità) e non permettiamo  che questa possa arricchirsi con tutte quelle sensazioni che la vita ci dona.


D. E’ facile confondere l’ego con l’identità?

R. Per chi naviga nella nebbia sì, però quando questa si dirada e vediamo nitidamente il panorama non dovrebbero esserci dubbi.


D. Il sistema di vita moderno non facilita la cosa.

R. Si, è vero, ma non c’è mai stata un’epoca d’oro; i tempi, a ritroso, potrebbero essere infiniti, ma le problematiche esistenziali credo siano sempre le stesse. D’altra parte c’è la necessità di un teatro o meglio un crogiuolo in cui avvengano delle trasformazioni e delle crescite.


D. Come definiresti la vita?

R. Sintetizzando vedo la vita come una stazione di metropolitana nell’ora di punta: c’è calca, ci si spinge, a volte siamo anche cortesi con le signore, gomitate si prendono e gomitate si danno: l’importante è salire sul treno. Se qualcuno non gradisse la scena, può sempre prendere un Taxi, ma non è la stessa cosa!


D. Torniamo al lavoro artistico…

R. Ma non ci siamo mai allontanati, le cose viaggiano assieme.


D. Allora approfondiamo l’aspetto relativo al rapporto con la materia e la sua lavorazione; come nasce un’opera?

R. L’opera nasce come un’esigenza di rappresentare ciò che si manifesta attraverso  noi, in simbiosi perfetta con il materiale.

Trento 13/09/2010
D. Che tipo di tematiche preferisci affrontare con il tuo lavoro, a parte quella identitaria?

R. Tutto ciò che sia propositivo e bello, allo stesso tempo drammatico, drammatico nel senso classico.


D. Stai lavorando a qualcosa di speciale al momento?

R. Per me  tutto è speciale; si, sto lavorando ad un pezzo che si titola “follia”, è da alcuni anni che vuole essere realizzato e ora è il suo momento.


D. E come si può rappresentare la follia?

R. Si parte con il  rappresentare la “normalità”, non possiamo dissociare le due condizioni.


D. Sono curioso del risultato che vedremo prossimamente, ce lo mostrerai vero?

R. Certamente.


D. Nel tuo percorso c’è un incontro a metà degli anni 80 con lo scultore trentino Cirillo Grott , ce ne vuoi parlare?

R. Si, ho avuto degli incontri con Cirillo Grott all’epoca anche se non posso parlare di frequentazione.  Mi trovavo in un momento di indecisione anche perché c’erano delle problematiche esistenziali legate ad un lavoro poco remunerativo e continuativo. Cirillo mi “impose” di non mollare perché io ancora non sapevo cosa avessi tra le mani mentre lui lo sapeva benissimo: parlava una linguaggio all’epoca poco comprensibile per me; oggi gli sono grato di aver messo il bullone giusto al momento giusto nei miei ingranaggi. Nel panorama trentino resta l’artista con più forza e potenza e nell’Olimpo degli artisti siede tra i grandi.


D. Qual è la dote più importante per un artista?


R. Credo che una sola sia troppo poco; ci vuole una grande dose di umiltà, riconoscere il non possesso delle cose che fai, essere ciò che fai, essere modesto senza esagerare, altrimenti si diventa presuntuosi. Mettersi nelle condizioni di essere guidati dall’opera stessa.


D. Nella storia ci sono stati dei periodi nei quali l’arte ha inciso nei movimenti politici, ha attinenza l’arte con la politica?

R. Se diamo alla parola politica il significato originario che dovrebbe avere, non possiamo discostare l’arte dalla politica:  una buona arte ha sempre portato a una buona politica. L’arte ha il compito di preparare i tempi della politica.  Naturalmente i tempi sono determinati dagli eventi, gli eventi dai nostri comportamenti e il ciclo non rientra nella nostra misura del tempo.


D. Quanto può incidere sulla produzione artistica il mercato dell’arte?

R. Il mercato dell’arte senz’altro miete delle vittime tra gli artisti, ma dipende solo dagli artisti. L’artista deve fare ciò che deve e non ciò che il mercato richiede, perde la sua libertà espressiva se si lascia lusingare dal venale e l’arte nella sua totalità ne soffre.


D. Ma bisogna pur vivere, non credi?

R. Sino ad oggi ho vissuto a pieno, sopravvivendo.


D. Resto incuriosito dalla tua tematica principale: “l’identità”, me la puoi descrivere?

R. Una persona raggiunge la sua identità quando questa si dissolve  e si riconosce in tutte le cose dell’universo senza perdere nulla di se.


D. E’ un atto di fede?

R. Ma che cosa è la fede se non la consapevolezza della  propria  trascendenza?


D. Mario Romano Ricci, ma che cos’è per te la morte?

R. La morte è l’amica fedele che ci accompagna per tutta la vita.


D. E oltre….

R. No, oltre no, a lei non è permesso passare!


D. Auguri Mario!

R. Grazie , ne abbiamo tutti un gran bisogno!

 

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